L’implantologia è una soluzione vantaggiosa per svariati motivi.
Ad esempio permette di sostituire un dente mancante senza ricorrere a soluzioni più tradizionali come i ponti fissi che, per quanto validi e ben conosciuti nelle loro applicazioni, necessariamente sono invasivi sui denti pilastro: con un impianto, il dente perso viene sostituito senza minimamente “rovinare” i denti adiacenti sani, come invece avviene nel caso del ponte..
Inoltre l’implantologia , come verrà descritto diffusamente in seguito, rende possibile proporre al Paziente una soluzione di protesi fissa anche in quei casi in cui, con tecniche tradizionali, occorrerebbe “gioco forza” ricorrere a protesi mobili, come quando, ad esempio i denti naturali superstiti, ipotetici pilatri di ponte, sono in numero troppo ridotto o non sufficientemente affidabili.
Non solo, ma l’inserimento degli impianti permette di risolvere in maniera molto soddisfacente per il Paziente il problema della instabilità della protesi totale ( “dentiera che balla” ); a questo proposito si consulti la sezione dedicata alla PROTESI TOTALE ED IMPLANTOLOGIA.
La risposta è NO!!
L’unica analogia sta nel fatto che “un qualche cosa viene introdotto nell’organismo”; ma la differenza è sostanziale.
Inoltre non esistono reazioni allergiche o tossiche verso il titanio, che va considerato il metallo biocompatibile per eccellenza.
Trattandosi di una disciplina chirurgica è chiaro che in fase preliminare andranno presi nella giusta considerazione tutti gli aspetti inerenti le condizioni di salute generale del paziente, il tipo di trattamento chirurgico da proporre, le soluzioni protesiche effettivamente realizzabili.
È fondamentale una attenta programmazione non solo dell’intervento di chirurgia implantare, ma anche della riabilitazione odontoprotesica che si intende ottenere, in pieno accordo con le aspettative del Paziente, che dovrà essere parte attiva di ogni decisione.
Gli interventi di implantologia sono ben tollerati da tutti i Pazienti.
Esistono dei limiti locali che possono , in casi estremi, sconsigliare l’intervento, ovvero la scarsa disponibilità di osso, in altezza e/o in spessore.
In molti di questi casi, in cui “non c’è osso”, è tuttavia possibile ricorrere a tecniche chirurgiche di Rigenerazione Ossea tali da consentire l’implantologia, rendendo disponibile al chirurgo implantologo una maggiore quantità di osso impiantabili.
Si consultino al riguardo le sezioni dedicate alle Tecniche di RIALZO DEL SENO MASCELLARE e di ESPANSIONE DELLA CRESTA OSSEA.
Rispetto al passato le situazioni cliniche che controindicano in maniera assoluta l’implantologia si sono drasticamante ridotte.
Le patologie non compatibili con l’implantologia sono oggi poche: le Malattie Sistemiche del Connettivo, ma solo se in fase evolutiva, ad es. il Lupus Eritematoso Sistemico; le Patologie gravi del fegato.
Il Diabete è una patologia che limita il ricorso all’implantologia, ma solo nel caso in cui il Paziente si trovi in stato di Scompenso Metabolico, la correzione del quale rende possibile l’intervento;in altre parole un Paziente diabetico, ma compensato può rivolgersi alla implantologia.
Non esiste età oltre la quale non sia possibile fare implantologia con successo.
Spesso i Pazienti che più necessitano di trattamenti di questo tipo, ad es. per stabilizzare una protesi totale malferma, sono soggetti anziani che ricorrono alla implantologia per ottenere un importante miglioramento della qualità della loro vita.
All’opposto è preferibile non ricorrere all’implantologia in Pazienti gionanissimi (sotto i 18 anni) che non abbiano ancora completato il loro accrescimento osseo.
In fase iniziale saranno eseguiti esami RX di primo livello: ossia una serie di RADIOGRAFIE ENDORALI ed una RX PANORAMICA DENTARIA OPT.
Questi esami, per quanto essenziali, hanno il limite di fornire immagini bidimensionali: cioè un’altezza ed una base.
Perciò, sempre più frequentemente si ricorre ad una valutazione radiografica più approfondita e specifica, quale viene fornita dalla TAC VOLUMETRICA CONE BEAM.
Questo esame indaga in maniera dettagliata su quella che potremmo definire la terza dimensione dell’osso, cioè lo spessore in cui vogliamo inserire gli impianti, fornendo una ricostruzione 3D della anatomia del Paziente.
Nella programmazione dell’intervento poter disporre di immagini accurate di sezioni eseguite su piani diversi delle strutture anatomiche su cui si dovrà operare rappresenta un vantaggio straordinario.
Solo in questo modo, per esempio il dentista potrà scegliere l’impianto più idoneo (per forma, diametro e lunghezza) per “quel sito”.
Oggi le TAC dedicate alla odontoiatria, e pertanto ben diverse dalla TAC eseguite in altri campi della diagnostica medica, non solo rendono disponibili informazioni preziose per il chirurgo, ma riducono drasticamente l’esposizione ai RX rispetto al passato, sia per le basse dosi somministrate, sia per i ridotti volumi ossei indagati.
In anestesia locale la gengiva viene incisa e sollevata secondo criteri che siano rispettosi dell’anatomia del Paziente, basati sul concetto della minima invasività dei tessuti.
Individuato il punto preciso in cui si intende inserire l’impianto (sulla base degli esami RX e della programmazione implanto-protesica preliminare, eventualmente con l’ausilio di particolari dime-guida), si prepara il “sito implantare”, cioè la sede che ospiterà l’impianto.
Ecco un esempio di come si procede nell’intervento di inserimento di un singolo impianto, interposto fra denti naturali.
Naturalmente la stessa procedura vale per impianti multipli destinati a sostituire più denti mancanti
Più in dettaglio ecco la sequenza operativa di un impianto del diametro di 4.10 mm.
Si procede, come nello schema, a preparare l’osso con frese di lunghezza appropriata e di diametro crescente, secondo una procedura che tenga conto non solo dell’impianto che dal punto di vista odonto-protesico risulti “ideale”, ma che rispetti la quantità di osso disponibile e la sua tipologia, cioè la sua qualità.
Ahinoi NO !!!
Varia per quantità ( ossia altezza e spessore ), ma anche per consistenza, non solo da individuo ad individuo, ma anche in settori diversi dello stesso soggetto.
Inoltre non è immutabile e statico nel tempo, ma è un tessuto “cambiale”, cioè è soggetto a cambiamenti nel tempo, in rapporto alle fisiologiche fasi della vita oppure ad eventi particolari, come le infezioni o le estrazioni dei denti che ne causano un assorbimento e, quindi, una riduzione del volume.
Eco la sua struttura
Superficialmente, a destra nell’immagine, si riconosce uno strato compatto, più denso chiamato “CORTICALE”.
Più in profondità si riconosce uno strato più lasso, più cedevole, di aspetto”trabecolato”, cioè spugnoso, definito “MIDOLLARE”.
Queste due componenti sono presenti, nella singole zone, in proporzioni diverse:
L’implantologo si comporterà in modo diverso di fronte ad un osso compatto, “duro”, piuttosto che di fronte ad un osso meno denso, “molle”, modulando la sua tecnica chirurgica.
L’intervento avviene in anestesia locale,significa “assoluta assenza di dolore”.
Il Paziente non solo non avrà “male”durante la fase di preparazione e di inserimento degli impianti, ma anche il decorso post-operatorio sarà assolutamente sereno.
Eventuali disagi o dolenzie nei giorni seguenti potranno essere facilmente gestibili con semplici antidolorifici.
La risposta, in realtà, deve essere articolata.
Secondo la scuola implantologica svedese (Branemark), l’osteointegrazione,richiedendo l’intervento attivo delle cellule ossee (osteoblasti), necessita di un periodo di alcuni mesi per realizzarsi completamente:
Solo al termine di questo processo di guarigione gli impianti saranno funzionali, cioè atti a reggere il carico masticatorio.
Si parla in tal caso di “Implantologia a carico differito”.
Secondo un orientamento più attuale e dinamico, è possibile, in casi clinici molto selezionati e con le dovute attenzioni, ricorrere ad una tecnica definita “Implantologia a carico immediato”. Se interessati consultare la sezione “Carico immediato”del sito.
Questa procedura prevede di realizzare un manufatto protesico fisso provvisorio, nella stessa seduta chirurgica o a distanza di 24 ore dalla stessa.
In un numero discreto di casi è possibile, nella stessa seduta, estrarre il dente, inserire l’impianto e realizzare estemporaneamente un provvisorio fisso supportato dall’impianto endosseo appena inserito.
Ad osteointegrazione completata si procederà a realizzare una corona protesica definitiva.
E’ precisa attitudine di questo Studio Dentistico considerare, come unico ed irripetibile, ogni Paziente e riabilitarlo nella maniera più idonea, non solo in rapporto a dati clinici oggettivi, e cioè il numero di denti da sostituire oppure la disponibilità ossea o la sua densità ( ossia “quanto” osso e “quale” osso ), ma anche, e soprattutto, in relazione alla personalità del Paziente candidato alla implantologia e alle sue aspettative primarie.
Questo va considerato un criterio di scelta importante ed irrinunciabile.
Ecco un esmpio clinico di implantologia in sede di premolare superiore eseguita con tecnica tradizionale a carico differito
La durata di un impianto perfettemente osteo-integrato è indefinita ed indefinibile.
L’impianto dura fino a che viene mantenuta l’osteointegrazione ottenuta.
Per conservare l’osteo-integrazione è necessario che la protesi supportata dagli impianti sia adeguata dal punto di vista della bio-meccanica della masticazione.
Ma è altrettanto fondamentale che il Paziente assuma corrette abitudini di igiene orale, mettendo in pratica le istruzioni che gli verranno illustrate al termine del trattamento.
Il Paziente diventa in quel momento il vero protagonista della salute della propria implantoprotesi; inoltre non dovrà dimenticare l’importanza di recarsi presso lo Studio per le periodiche visite di controllo concordate.
A monte di tutto questa processo di mantenimento va posta una corretta programmazione del trattamento implantoprotesico.
Gli impianti differiscono gli uni dagli altri per forma, per lunghezza, per diametro, per trattamento di superficie,per connessione protesica.
Il chirurgo-implantologo potrà perciò scegliere, nel singolo caso, quale impianto impiegare, in base ai volumi di osso disponibili, al tipo di osso, al settore specifico da impiantare, alla soluzione protesica da realizzare.
Non esiste l’impianto “universale”.
Queste due componenti sono presenti, nelle singlole zone, in proporzioni diverse:
assai meno denso.
L’implantologo si comporterà in modo diverso di fronte ad un osso compatto, “duro”, piuttosto che di fronte ad un osso meno denso, “molle”, modulando la sua tecnica chirurgica.
Gli impianti dentali sono delle radici artificiali che prendono il posto delle radici dei denti naturali andati perduti.
La loro forma è simile a quella di una vite, sostanzialmente cilindrica o conica, o cilindro-conica.
l’interno dell’ impianto è filettato e la sua testa presenta un sistema di connessione micro-meccanica in cui il moncone protesico, su cui sarà costruito il dente sostitutivo, trova il suo preciso alloggiamento.
Sono costituiti in titanio puro, cioè nel metallo che più di ogni altro, grazie alla sua straordinaria biocompatibilità, si presta ad essere inserito nell’osso : non esistono reazioni allergiche o avverse al titanio.
La differenza esiste ed è fondamentale.
È vero che le “viti in titanio” apparentemente sono identiche, ma la scelta del produttore da parte dell’implantologo è il primo passo verso il successo.
Solo una Azienda Primaria e di impatto internazionale è in grado di offrire:
Nello Studio del Dr. Cantamessa vengono esclusivamente impiegati impianti dentali SWEDEN & MARTINA, azienda italiana leader del settore.
Fondamentale è considerare quanto sia importante ai fini dell’osteo-integrazione, e quindi del successo il trattamento di superficie a cui sono sottoposti gli impianti da parte del produttore.
Dopo la lavorazione in macchine utensili a controllo numerico (ad altissima precisione)
gli impianti vengono dapprima puliti dai contaminanti maggiori (come adesempio altri metalli non corrispondenti al titanio) e poi sottoposti alla decontaminazione della superficie mediante metodica
al plasma freddo, innescato in atmosfera controllata in argon.
L’argon è un gas inerte , i cui atomi parzialmente ionizzati, acquistano energia e “bombardano” con forza la superficie dell’impianto;questo processo avviene in una macchina chiamata reattore al plasma.
Si tratta di una sorta di “sabbiatura atomica” che ha come risultato finale la completa rimozione di tutti i contaminanti organici, lasciando la superficie del titanio libera da residui di lavorazione.
Questo processo di decontaminazione viene poi controllato con esame visivo al microscopio elettronico a scansione.
Tanto più alta è la decontaminazione, tanto maggiore è la presenza di titanio puro sulla superficie implantare: questo fattore aumenta la possibilità di osteointegrazione e quindi di successo clinico.
Gli impianti decontaminati sono poi oggetto di un trattamento di superficie che ha come risultato finale un certo grado di irruvidimento (ottenuto con una precisa sequenza di passaggi: dalla microsabbiatura con ossido di zirconio alla mordenzatura con acidi minerali ).
La rugosità di superficie, non solo aumenta la stabilità dell’impianto appena inserito, ma è in grado di promuovere la proliferazione e la differenziazione delle cellule dell’osso (=osteoblasti), nonché di aumentare la superficie di contatto osso-impianto.
È ampiamente dimostrato come una superficie implantare rugosa sia vincente rispetto ad una superficie liscia, accelerando il processo di osteointegrazione e quindi di guarigione.
Gli impianti vengono poi confezionati singolarmente in fiale sterili.
Ciascuna fiala contiene un cestello in titanio in cui è alloggiato l’impianto in modo da scongiurare ogni contaminazione con altri materiali.
Sterilizzazione finale degli impianti:
dopo il processo di decontaminazione e di confezionamento, la sterilizzazione avviene mediante irraggiamento raggi beta, secondo una procedura eseguita in regime di garanzia di qualità UNI-EN ISO 13485 e UNI-EN ISO 9001.